Berlino: contrattualizzazione stabile ai ricercatori e alle ricercatrici post-doc. Il nostro commento

Nel settembre scorso, la città-stato di Berlino ha approvato un provvedimento che prevede l’obbligo, per le università, di prospettare una contrattualizzazione stabile ai ricercatori e alle ricercatrici post-doc. Allo scopo di avviare un dibattito sulla questione, proponiamo di seguito  un articolo in merito di Gretchen Vogel pubblicato su Science, accompagnato da una traduzione.

Al provvedimento berlinese non sono mancate delle reazioni: blocco delle assunzioni presso l’università di Berlino, dimissioni da parte della presidente della Humboldt di Berlino, alcune critiche.

In questa vicenda, diversi aspetti ci hanno colpito. La fotografia che l’articolo scatta al mondo universitario tedesco non appare poi così diversa dalla situazione sul territorio italiano: poche posizioni permanenti, una forte concorrenza, alta competitività, limite temporale di durata per le posizioni precarie, provvedimenti normativi non sempre sorretti da un concreto investimento in bilancio. 

Non a caso, le prime due critiche rivolte al provvedimento sono state la mancata chiarezza sulle modalità del percorso (che tuttavia dovrebbero a breve essere oggetto di provvedimenti attuativi) e la mancanza di coperture finanziarie adeguate.

L’ADI si è sempre battuta affinché ai necessari interventi di stampo normativo fossero sempre affiancati gli altrettanto indispensabili interventi in bilancio, come anche la necessità di un percorso definito per quanto riguarda le modalità e le tempistiche (https://dottorato.it/content/piano-straordinario-rtdb-2021, https://dottorato.it/content/la-missione-impossibile-della-ricerca-pubblica).

Senza questi due necessari presupposti, ogni tentativo di riforma di un sistema deve considerarsi insufficiente. La definizione di un percorso consente al lavoratore che si affaccia nel mondo della ricerca di pianificare e il finanziamento è il naturale presupposto per la realizzazione di riforme rivolte ai diritti di tutte e tutti. 

Le “riforme a costo zero” fanno parte dell’immaginario di una certa politica, ma come molte espressioni a effetto contengono una fallacia logica: provvedimenti che introducono forme contrattuali stabili infatti hanno sempre dei costi superiori che devono essere necessariamente coperti dal bilancio. Il rischio altrimenti è una contrazione dei posti o addirittura il blocco, come sta accadendo in Germania. In altre parole, anche una riforma ottima nelle intenzioni, senza stanziamento in bilancio, rischia di produrre effetti identici a un taglio delle risorse. 

Allo stesso modo si può ragionare sul limite temporale per le posizioni precarie; come ADI abbiamo avanzato la richiesta di un limite adeguato, tenendo conto delle specificità degli assegni di ricerca in Italia, spesso vincolati a progetti PRIN. Questo limite è necessario come forma di “pressione” alla stabilizzazione, per evitare che il ricorso continuativo a forme contrattuali precarie. Anche in questo caso però, senza adeguati stanziamenti, produce un effetto contrario, ovvero la contrazione del sistema.

Pertanto in Germania è comprensibile la contrarietà dei colleghi e delle colleghe, anche perché il limite temporale, in quel caso, non è stato proposto come argine alla precarietà, ma come espediente per far uscire i precari dal mondo della ricerca, costringendoli a trovare altri lavori per non “sforare” il limite.

Il passaggio sulla necessità dei percorsi di stabilizzazione in Germania si inserisce, quindi, nel più ampio e complesso quadro del fenomeno del precariato nella ricerca europea. Un fenomeno di cui sempre più realtà hanno consapevolezza e che l’ADI affronta, nel contesto italiano - percepito sempre come “paradigmatico” - da molti anni. 

Sicuramente il provvedimento tedesco ha dei margini di miglioramento, rispetto all’ampiezza del tema e alla necessità di affrontare dei nodi nevralgici, tuttavia è chiaramente ispirato a una logica condivisibile negli assunti di base. 

Costringe inoltre a una più ampia riflessione sul tema della Ricerca in Europa e del suo finanziamento. In coda all’articolo compare infatti una considerazione di Miguel Jorge, docente senior presso  l’Università di Strathclyde, sulla coerenza del provvedimento rispetto alle richieste avanzate all’interno dell’Unione Europea. Jorge già in passato aveva raccomandato un passaggio verso un modello di finanziamento più stabile, meno legato a progetti a breve termine. 

Il tema del finanziamento alla ricerca (e conseguentemente della valutazione) è sicuramente un’urgenza perché appare ormai chiaro come un paradigma di progettualità a breve termine non sia più sostenibile per un sistema ricerca sano. 

 

TRADUZIONE ARTICOLO

A settembre, il legislatore di Berlino ha fatto una scelta radicale per affrontare la situazione occupazionale precaria che affligge molti ricercatori all'inizio della loro carriera. Questi infatti ha approvato una legge che impone alle università di offrire un percorso per una posizione permanente ai neoassunti postdoc, una mossa che potrebbe servire da banco di prova per come risolvere il problema dell’ingresso in ruolo nel mondo accademico.

I sostenitori del provvedimento, che i legislatori hanno votato senza consultare i rappresentanti delle università, affermano che ciò migliorerà le condizioni di lavoro dei postdoc nella città. Ma ha portato a dei disordini: un blocco delle assunzioni, delle dimissioni e la previsione secondo la quale Berlino perderà la propria importanza come centro di ricerca. La legge è "ben intenzionata, ma mal scritta", afferma Sabine Kunst, presidente dell'Università Humboldt di Berlino, che a ottobre ha annunciato che si sarebbe dimessa alla fine dell'anno. Come per i giovani ricercatori in altri paesi, i postdoc tedeschi affrontano una forte concorrenza a causa di un numero limitato di posizioni vacanti. Hanno anche un limite di tempo: i ricercatori possono lavorare con contratti temporanei presso università o istituti di ricerca  per soli sei anni dopo aver conseguito un dottorato di ricerca. Quella legge, approvata nel 2007, avrebbe dovuto evitare che i dottori di ricerca i fossero tenuti in sospeso da una serie di contratti precari. Ma molti sostengono che costringa troppi ricercatori produttivi a rimanere fuori dal mondo accademico.

La legge di Berlino è stata ispirata in parte da un video pubblicato sul sito web del ministero della ricerca tedesco. Destinato a promuovere la legge del 2007, il video ha suscitato indignazione. In esso si raccontava la storia di una postdoc di nome Hanna,  spiegando come la legge creasse opportunità per giovani studiosi, incoraggiando i postdoc senior come Hanna a passare a lavori non accademici, se necessario. Senza la legge, afferma il video, i dottori di ricerca senior "intaseranno il sistema". In una campagna sui social media diventata virale a giugno, dei ricercatori indignati hanno invitato i colleghi a condividere le loro storie sui problemi causati dal limite dei 6 anni. Hanno risposto in migliaia, utilizzando l'hashtag #IchBinHanna (I am Hanna) e generando così tanta attenzione che, il 24 giugno, il Bundestag tedesco ha discusso la questione in parlamento. I legislatori che governano Berlino, una città-stato, sono andati oltre e hanno inserito una clausola sulle posizioni permanenti nella legislazione che era già in lavorazione. I critici notano che la legge non include i finanziamenti che sarebbero necessari per convertire anche una parte delle oltre 1000 posizioni di postdoc della città in uno status permanente e assumerne di più in futuro. “L'obiettivo è apprezzato: abbiamo bisogno di più posizioni permanenti. Ma c’è anche bisogno di più soldi per farlo", afferma Peter-André Alt, presidente della Conferenza dei Rettori tedeschi, che rappresenta i leader universitari.

La legge inoltre non specifica quale sia il percorso verso la permanenza, ad esempio, quali criteri stabilire affinché un postdoc possa qualificarsi e chi decide se sono stati soddisfatti. Gli osservatori si aspettano che questi dettagli vengano elaborati nei prossimi mesi. Ma nel frattempo, la Libera Università di Berlino, una delle quattro università ad alta intensità di ricerca interessate dalla legge, ha interrotto tutte le assunzioni di post-dottorato. Anche i legislatori federali che appartengono al partito di centrodestra Unione Cristiana Democratica stanno valutando di impugnare la legge in tribunale, poiché la legge federale che disciplina i contratti accademici la sostituisce. Kunst afferma che la legge richiederà una riorganizzazione così massiccia della sua università che non sarebbe in grado di raggiungere nessuno dei suoi altri obiettivi. Ad esempio, se i dipartimenti aggiungono personale permanente, sono tenuti, grazie a un diverso insieme di regole federali, ad accettare più studenti universitari nei loro programmi, il che causerebbe ulteriori problemi di budget. La legge influirà anche sulla capacità dell'università di reclutare professori affermati da altrove, teme, perché qualsiasi postdoc che volessero portare con sé diventerebbe automaticamente idoneo per posizioni permanenti.

I sostenitori della legislazione concordano sul fatto che non sia perfetta. Ma è un passo nella giusta direzione, dicono. "Aumenta la pressione" sui dirigenti universitari, afferma Anette Simonis, presidente del consiglio del personale docente presso l'ospedale universitario Charité di Berlino e portavoce della "Landesvertretung Akademischer Mittelbau Berlin", un'organizzazione di accademici di livello intermedio. Per anni hanno ignorato le proteste e le richieste di cambiamento, dice. "Questo è un punto di partenza per una vera discussione su come allontanarsi dall'idea che l'unico modo per essere uno scienziato sia essere un professore ordinario".

Anche i ricercatori al di fuori della Germania stanno prestando attenzione. Miguel Jorge, docente senior presso  l’Università di Strathclyde che ha sostenuto gli scienziati ad inizio carriera, afferma che la legge è coerente con altre richieste di cambiamenti all'interno dell'Unione europea. Una dichiarazione di cui è stato coautore nel 2016, ad esempio, raccomandava di passare dal finanziamento di progetti a breve termine al finanziamento di posizioni più a lungo termine. Perché funzioni, "dovremmo cambiare il paradigma del finanziamento", afferma.  Il problema, afferma Kunst, è che i legislatori "hanno cercato di racchiudere una rivoluzione del sistema in un singolo paragrafo", senza comprenderne gli effetti a lungo termine. Kristin Eichhorn, professoressa a contratto presso l'Università di Stoccarda e tra i promotori di #IchBinHanna, è d'accordo. Qualsiasi modifica al sistema, osserva, ha effetti a valle simili al danno non intenzionale causato dal limite di 6 anni. Eichhorn spera che il nuovo governo federale, che dovrebbe entrare in carica il mese prossimo, affronterà la riforma dell'occupazione sostenibile per gli scienziati in tutta la Germania. "C'è il rischio di peggiorare le cose", dice. “Non affrettiamoci. Riflettiamo su questo e troviamo qualcosa che funzioni davvero".