Lo sbarco sulla Luna e la ricerca scientifica nella vita di tutti i giorni

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Sbarco sulla Luna | Sono trascorsi 50 anni dal primo passo dell'Uomo sulla luna e l'eco di quell'impresa risuona ancora oggi in ambito scientifico e non solo. Da questo genere di investimenti provengono tecnologie che sono diventate ormai di uso comune, ma da quel mondo provengono anche le riflessioni, i trattati e gli scritti dei più grandi pensatori che hanno caratterizzato la storia dell’umanità. La domanda «a cosa serve?» ha una risposta che si trova sotto gli occhi di tutti: con la ricerca nella sua totalità fiorisce la cultura, e la cultura più di ogni altra cosa ci rende umani.

 

Sono trascorsi cinquanta anni dal primo passo dell’Uomo sulla superficie lunare. È stato un passo corale, di un’intera organizzazione, di un intero Stato, di un’intera specie. Alcuni direbbero che tutte le 400.000 menti coinvolte nell’impresa, dal programmatore, al sarto che ha cucito le tute spaziali, abbiano lavorato in “coerenza”, all’unisono per perseguire quell’unico scopo. Lo sbarco sulla Luna non ha rappresentato una semplice corsa verso lo spazio, ma è stato un cammino per l’espansione delle nostre conoscenze. 

L'eco di questa impresa titanica, l’allunaggio del 1969, è ben udibile nelle odierne collaborazioni scientifiche internazionali, nelle quali le risorse economiche si uniscono a quelle umane per perseguire il medesimo scopo: ampliare la nostra comprensione della natura in tutti i suoi aspetti. Tra le più note ci sono le collaborazioni VIRGO-LIGO, a cui dobbiamo la prima rivelazione di un’onda gravitazionale, l’Event Horizon Telescope che ha avuto il merito di elaborare la prima (ma non ultima) foto di un buco nero, e il CERN di Ginevra in cui convergono gli sforzi di molti Paesi, non solo europei. 

Molto spesso, purtroppo, ci domandiamo: «Ma tutto ciò, a cosa serve?». Come possono scoperte o risultati del genere influenzare la vita delle persone comuni, lontane dall’ambito scientifico? Gli enormi investimenti economici che hanno richiesto e che richiedono tuttora sono giustificati dai risultati ottenuti? Sono domande che hanno perseguitato anche la NASA, quando spendeva metà del proprio budget nelle missioni Apollo. 

Le ricadute delle missioni Apollo sulla nostra vita quotidiana sono apparentemente invisibili, ma facilmente percepibili. Basti pensare alle coperte termiche derivanti dalle tecnologie spaziali impiegate per le emergenze o durante le escursioni, i filtri per l’acqua ancora oggi usati negli ambienti domestici o  in aree povere di acqua potabile, i cibi liofilizzati, per non parlare degli utensili alimentati a batteria e ancora della tecnologia necessaria per eseguire le TAC, per citarne solo alcuni tra i più noti.

Un impulso enorme ha avuto l’applicazione della microelettronica a bordo dei velivoli che furono progettati per le missioni Apollo, e che in seguito ha  trovato facile applicazione non solo a bordo dei velivoli per trasporto merci e per uso civile, ma anche nei moderni computer e negli smartphone.

Per i risultati scientifici più recenti c’è solo bisogno di tempo. Tempo necessario affinché una scoperta venga metabolizzata, accettata, compresa e vissuta da tutti. La socializzazione delle scoperte e la condivisione ad ampio raggio dei risultati ripagano tutti gli sforzi, non solo economici, ma soprattutto mentali che sono necessari per produrre scienza.

Tra i prodotti scientifici non rientrano solamente i risultati applicativi e tecnologici, ma anche le riflessioni, i trattati, gli scritti dei più grandi pensatori che hanno caratterizzato la storia dell’umanità. 

Il progresso culturale coinvolge tutta l’umanità e non funziona per comparti stagni. Esso si sviluppa in “coerenza” tra tutti i settori che lo compongono, perché la ricerca è UNA e deve essere supportata in tutte le branche del sapere umano. La domanda «a cosa serve?» ha una risposta che si trova sotto gli occhi di tutti: con la ricerca nella sua totalità fiorisce la cultura, e la cultura più di ogni altra cosa ci rende umani.

 
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