Valorizzare il dottorato nella Pubblica Amministrazione, nella Scuola e nell’Impresa

Sin dalla sua nascita, l’ADI ha considerato tra i suoi principali obiettivi la valorizzazione del titolo di dottore di ricerca non solo all'interno dell'istituzione universitaria, ma nella Pubblica Amministrazione, nella Scuola e nell’Impresa.

Il dottorato di ricerca rappresenta il più alto grado di formazione previsto dal nostro sistema accademico e si consegue dopo un percorso volto all’acquisizione di conoscenze, capacità di organizzazione e autonomia necessarie per svolgere attività di ricerca di alto profilo. Queste caratteristiche fanno di chi lo consegue un portatore di hard e soft skills, un vettore di innovazione in grado di contribuire alla trasformazione e al miglioramento dei processi in molteplici ambiti.  Nonostante il potenziale valore del titolo, però, in Italia il dottorato di ricerca stenta a trovare  adeguato riconoscimento in termini di inquadramento lavorativo e conseguenti ritorni economici.

Valorizzare davvero il titolo di dottore di ricerca significa quindi intervenire a fondo sia sui meccanismi di selezione della Pubblica Amministrazione e del sistema scolastico sia sulla cultura e sulle pratiche del tessuto imprenditoriale italiano.

Per favorire il confronto su questi temi all’interno della comunità dei giovani ricercatori, nel settembre del 2015 l’ADI ha promosso un’apposita consultazione on line, con cui ha raccolto le  idee e le esperienze personali di centinaia di colleghi. I risultati della consultazione sono alla base del sezione dedicata alla  valorizzazione del dottorato nella V indagine annuale ADI e costituiscono le premesse delle nostre proposte in materia.

 

Nella Pubblica Amministrazione

La nostra indagine ha evidenziato che il titolo di dottore di ricerca è valutato solo in alcuni concorsi, e anche in quei casi gli viene solitamente attribuito un punteggio basso e totalmente rimesso alla discrezionalità dell’ente che emana il bando.

È necessario quindi intervenire a livello ministeriale per definire un punteggio minimo da attribuire al dottorato di ricerca, riducendo in questo modo la discrezionalità dei singoli enti, e per riconoscere a tutti gli effetti il dottorato come esperienza professionale maturata, coerentemente con quanto stabilito dalla Carta Europea dei Ricercatori. Tali interventi vanno integrati con la predisposizione di percorsi riservati ai dottori di ricerca per l’accesso ai ruoli dirigenziali.

 

Nella Scuola

Molti colleghi si trovano a doversi confrontare con le difficoltà per l’accesso all’insegnamento nelle scuole, difficoltà che derivano da una situazione paradossale: da un parte una professione che si configura come uno degli approdi naturali del percorso compiuto con il dottorato; dall’altra un sistema di selezione farraginoso e continuamente riarticolato in cui al titolo viene spesso attribuito uno scarso valore.

Grazie all’impegno dell’ADI, però, cominciano a manifestarsi primi incoraggianti segnali di cambiamento. Dopo una serrata interlocuzione con il MIUR abbiamo ottenuto l’assegnazione di un punteggio considerevole (5 punti, su un massimale di 10 per "titoli professionali, culturali e di servizio") al dottorato di ricerca ai fini del concorso a cattedra del 2016. A ciò va aggiunta l’attribuzione di 5 punti anche all'assegno di ricerca e all'abilitazione scientifica nazionale per docenti universitari di I e II fascia, nell’ottica di una valorizzazione del patrimonio di esperienza di ricerca e di didattica maturata negli atenei da dottori e assegnisti di ricerca.

Nonostante questo importante successo, molto ancora rimane da fare per raggiungere l'obiettivo di una stretta integrazione tra Università e Scuola nella formazione degli insegnanti. In primo luogo, razionalizzare il percorso formativo del prossimo e ultimo ciclo di TFA, consentendo il riconoscimento delle conoscenze disciplinari già acquisite nell'ambito del dottorato. In secondo luogo, riteniamo urgente ricomporre la frattura tra ricerca accademica e abilitazione all'insegnamento che si verrà a creare col sistema di reclutamento previsto dalla Legge 107/2015. Per farlo sarà necessario predisporre dei meccanismi che favoriscano l'accesso dei dottori di ricerca al concorso a cattedra.

 

Nell’Impresa

Quando parliamo del settore privato ci troviamo a fare i conti innanzitutto con un gap di conoscenza che divide imprese e dottori di ricerca: le imprese italiane percepiscono spesso i dottori di ricerca come neolaureati che entrano nel mercato del lavoro con 3 anni di ritardo; i dottori di ricerca, dal canto loro, a volte non conoscono le dinamiche del mercato del lavoro e ciò non consente di presentare nel modo più efficace le competenze acquisite. Sul versante delle imprese sarebbe opportuno far emergere la domanda di innovazione di cui spesso le aziende non sono ben consapevoli, domanda cui i dottori di ricerca potrebbero fornire risposte preziose, assicurando alle stesse aziende vantaggi competitivi. Sul versante universitario bisognerebbe invece predisporre efficienti servizi di job placement e orientamento al lavoro per dottorandi e neo-dottori di ricerca, sia al livello dei singoli atenei che a livello nazionale.

Le risposte alla nostra consultazione on line segnalano che in nessun contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) si tiene in considerazione il titolo di dottore di ricerca, che i dottori di ricerca vengono spesso inquadrati a un livello non corrispondente alle capacità acquisite e che la formazione ricevuta nel percorso dottorale non viene considerata utile ai fini lavorativi. Occorre quindi che anche al livello dei CCNL il titolo di dottore di ricerca venga adeguatamente riconosciuto e valorizzato.

Proponiamo inoltre un rafforzamento del sistema di incentivi all’assunzione dei dottori di ricerca. Leve economiche come sgravi fiscali e cofinanziamenti da parte dello Stato possono essere accettabili risposte alla scarsa propensione all’innovazione delle piccole e medie imprese che compongono il tessuto produttivo italiano e all’inclinazione di una classe imprenditoriale poco propensa all’assunzione di figure con un’elevata qualificazione. Al contempo è necessario creare le condizioni affinché questi incentivi consentano un effettivo accesso di tutti i dottori di ricerca a nuove opportunità lavorative, caratterizzate da inquadramenti contrattuali coerenti con il grado di competenza acquisito dai dottori di ricerca e orientate verso forme di occupazione stabile.

In tal senso continuerà l’attività di monitoraggio e di proposta da parte dell’ADI, la stessa con cui ha evidenziato, grazie alle segnalazioni di tantissimi colleghi, limiti, incongruenze e profili marcatamente discriminatori contenuti nel bando "PhD ITalents - Dottori di Ricerca". La mobilitazione di questi giorni ha così portato a un’importante vittoria: l’abrogazione del limite dei 35 anni di età per la presentazione delle candidature, ristabilendo così il principio di non discriminazione anagrafica nell’accesso alle posizioni professionali sancito dalla normativa comunitaria e nazionale.