Il contratto di ricerca nel CCNL del comparto Istruzione e ricerca

Il contratto di ricerca nel CCNL del comparto Istruzione e ricerca

Introduzione

Nella seduta del 23 febbraio 2023, la Camera dei Deputati ha adottato ad amplissima maggioranza - 265 favorevoli e 2 contrari - l’ordine del giorno n. 9/888/9 (Manzi et al.) con il quale impegna il Governo, nelle more del «prolungamento della possibilità di conferire assegni di ricerca» e attendendo la «sottoscrizione definitiva del CCNL» di categoria, e comunque non oltre il termine del 30 giugno 2023 «a valutare l’opportunità di attivarsi, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, al fine di reperire risorse adeguate finalizzate a riconoscere la nuova figura» del contrattista di ricerca, «anche al fine di introdurla per le attività scientifiche e tecnologiche relative al Piano nazionale di ripresa e resilienza». Nello stesso o.d.g. si è altresì riconosciuto come il nuovo istituto del contratto di ricerca rappresenti un miglioramento, pur nel paradigma della flessibilità (recte, di precarietà) della carriera del giovane ricercatore,  da implementare al più presto nel sistema universitario italiano. L’o.d.g. approvato alla Camera si pone in linea con la mozione del 12 gennaio 2023 presentata dall’ADI e approvata all’unanimità dal Consiglio nazionale degli studenti universitari, con la quale il massimo organo di rappresentanza degli universitari ha raccomandato al Ministero dell’Università e della Ricerca di definire i termini temporali «al fine di dare piena attuazione all’istituto del contratto di ricerca», oltre che a emanare una circolare per sollecitare le istituzioni universitarie ad adottare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del Milleproroghe, i regolamenti di ateneo che disciplinano le modalità di selezione per il conferimento dei contratti di ricerca. 

Il contratto di ricerca è una fattispecie introdotta nell’ordinamento del sistema universitario italiano dall’articolo 14, comma 6-septies del decreto-legge n. 36 del 2022, come convertito dalla legge n. 79 del 2022, che ha inteso modificare l’articolo 22 della legge 240 del 2010. L’intervento del legislatore, in particolare, ha abrogato l’assegno di ricerca, introducendo la figura del contratto di ricerca, un contratto biennale, rinnovabile una sola volta e sino ad un massimo di quattro anni, tranne nel caso dei progetti europei, in cui possono essere rinnovati anche per un anno fino ad un massimo di cinque.

Alle procedure per il conferimento dei contratti di ricerca, disciplinate per quanto attiene alle modalità di selezione con apposito regolamento adottato dalle istituzioni del comparto, possono concorrere solo coloro i quali siano in possesso del titolo di dottore di ricerca, ovvero siano in procinto di ottenerlo, entro i sei mesi successivi alla pubblicazione del bando pubblico. Per quanto riguarda i soli enti pubblici di ricerca, i contratti possono essere conferiti a chi, pur non avendo un dottorato di ricerca, sia in possesso di un adeguato curriculum scientifico-professionale.

Ai sensi del comma 6 dell‘articolo 22 della legge 240/2010, come modificato dall’intervento normativo in parola, il legislatore ha inteso demandare alla contrattazione collettiva la definizione dell’importo del contratto di ricerca, in misura comunque non inferiore al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo definito. Si noti, in margine, come il riferimento del legislatore alla figura del ricercatore confermato richiami una disciplina, quella previgente alla legge 240/2010, cd. Gelmini, ed in particolare dall’articolo 31 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980.

Nel prosieguo, si vuole delineare come la nuova figura ideata dal legislatore possa essere introdotta nel comparto universitario e negli enti pubblici di ricerca (EPR). In particolare, si deve notare come il personale docente e di ricerca delle Università non sia abitualmente soggetto a contrattazione collettiva, a differenza degli EPR: solo il personale tecnico-amministrativo e i tecnologi sono soggetti a contrattazione collettiva. La figura del contrattista di ricerca si inserisce quindi in un ambito, per quanto riguarda l’Università, estraneo alla contrattazione, richiedendo quindi la definizione nei suoi contorni di una disciplina nuova.

Inquadramento, trattamento economico e orario di lavoro del contrattista di ricerca nelle Università

Per analogia rispetto alla consolidata disciplina contrattuale negli EPR, si ritiene che l’inquadramento più proprio cui ricondurre la figura del contrattista di ricerca è quella del contrattista a tempo determinato, il cui trattamento economico e modalità di lavoro sono ricondotti a sua volta alla corrispondente figura a tempo indeterminato, che per il personale di ricerca è la figura del ricercatore o tecnologo, figura che può fungere da white canvas per la definizione della disciplina del contrattista di ricerca nelle Università.

In particolare, il contrattista di ricerca, rispettando così il dettato normativo dianzi richiamato, sarebbe ricondotto alla retribuzione tabellare del terzo livello degli EPR, prima fascia di anzianità, pari a 31.539,57 euro annui, cui aggiungere la tredicesima mensilità, ai sensi dell’accordo sottoscritto tra le parti sindacali e l’ARAN del 6 dicembre 2022 u.s. La figura del contrattista, inoltre, beneficerebbe, al momento del rinnovo del contratto, dello scatto stipendiale per anzianità alla seconda fascia, giungendo ad una retribuzione annua di 34.037,38 euro.

L’orario di lavoro del contrattista di ricerca può essere parimenti ricondotto alle modalità attualmente definite per i ricercatori e tecnologi degli EPR. In particolare, queste figure lavorano 36 ore medie settimanali per trimestre, determinando tuttavia autonomamente il proprio tempo di lavoro, concordando la presenza in servizio in modo flessibile con la struttura in cui operano, tenendo conto dei suoi criteri organizzativi interni. Inoltre, attraverso il recepimento della disciplina del ricercatore o tecnologo, l’orario di lavoro del contrattista di ricerca prevederebbe un’esplicita riserva fino a 160 ore annue per condurre attività di ricerca libera e autonoma, attività di docenza, organizzazione di seminari e convegni, collaborazioni professionali, perizie giudiziali, da comunicare all’Università senza necessità di autorizzazione. La riserva di un monte ore annuale per la ricerca libera e personale al di là dei progetti di ricerca su cui il contrattista sia chiamato a lavorare è fondamentale per garantire al giovane ricercatore un’ampia latitudine nel poter condurre un’attività scientifica autonoma. Il numero di ore annue riservato ad attività estranee al progetto di ricerca cui è chiamato a collaborare il contrattista di ricerca può essere definito in misura analoga a quanto già stabilito per gli EPR. Una particolare attenzione deve essere, tuttavia, rivolta allo svolgimento – nell’ambito delle 160 ore annue liberamente determinabili dal contrattista – di docenze a contratto, le quali potrebbero incidere quantitativamente in modo particolarmente significativo sulle attività libere svolte dai contrattisti di ricerca nelle università. A tal riguardo sarebbe opportuno che il CCNL determinasse il numero massimo di crediti formativi erogabili da un contrattista di ricerca senza necessità di una previa autorizzazione da parte dell’Università (i quali potrebbero essere fissati in 6 CFU), allo scopo di evitare un abuso della figura del contrattista al fine dell’erogazione di attività didattica nei corsi di studio. Appare, inoltre, opportuno che il CCNL disciplini espressamente la possibilità di stipulare contratti di ricerca a tempo parziale, con le relative conseguenze riguardo al trattamento economico e al monte orario richiesto.

Inquadramento del contrattista di ricerca negli EPR

Per quanto attiene agli Enti Pubblici di Ricerca, che già dispongono della possibilità di bandire rapporti di natura flessibile e contratti a tempo determinato per ragioni specifiche, in analogia a quanto già tratteggiato per l’Università, si ritiene che il contratto di ricerca non faccia che estendere le attuali facoltà assunzionali in regime flessibile, prevedendo una nuova tipologia che andrà puntualmente richiamata in sede di CCNL per specificarne i richiami normativi e, soprattutto, la durata vincolata. Per quanto riguarda l’orario e le forme di lavoro del contrattista di ricerca negli Enti, si rimanda alle considerazioni già avanzate circa la sostanziale equiparazione con la figura del ricercatore o tecnologo.